«Mamma, perché non fai i purcidduzzi?»
«Oh! Con tante cose che ci sono. Non mi va di perdere tempo e sporcare casa. E poi chissà quanti dolci ci saranno. Come ogni Natale, il bene di Dio!»
Sarà la recessione, sarà che a casa mia la crisi è cominciata 40 anni fa, ma io tutto sto bene di Dio non lo ricordo. Conosco la mia 'vecchia'. Non ho bisogno del suo aiuto per cucinare, ma adoro metterla in attività e soprattutto avere la sua compagnia in cucina. Ho decisamente una mamma a metà tra la commedia brillante e il teatro in vernacolo.
Sono le 15, lei sonnecchia sul divano mentre guarda la TV. Entro in cucina e di proposito, comincio a fare rumore con utensili e stoviglie.
«Che stai facendo?»
«Mamma, preparo per fare i purcidduzzi?»
«Aspetta che vengo.»
«Ma se hai detto che non volevi....»
«Smettila! Dici che fai i purcedduzzi da solo?»
Non lo avrebbe mai permesso, la conosco da quando ero nella sua pancia.
«Aspetta! Prima devi sistemare le cose, poi prendi quelle cose e poi cominciare a fare le cose. Capito?»
Il fatto è che a mia madre, la fottono i termini stranieri giacché quelli italiani, le vengono di botto.
In tutte le famiglie, ben nascosta tra qualche libro o quaderno oppure in qualche cassetto, esiste una ricetta tramandata e segreta dei purcidduzzi. Verba volant, scripta manent - direbbero i latini, ma mia madre è di tradizione ellenica ed evidentemente, i romani dovevano starle un po' sul cazzo, diciamolo.
Come nelle tribù Soiux, la ricetta sarebbe dovuta arrivare tramandata a voce, se sul suo percorso non avesse incontrato alcune signore come: Wilma De Angelis, Clerici e Parodi. Qualche piccola variazione, l'ha subita, per essere meglio adattata ai tempi.
Mi comanda di mettere l'olio sul fuoco, quando non abbiamo ancora preso la farina. Obietto sui tempi un po' prematuri, ma nulla, quantomeno l'olio deve essere nella padella. Comincia a ricordare i tempi in cui il gas non c'era e si friggeva nel camino.
«Adesso abbiamo tutto. Quando ero piccola, le fiamme del camino ti bruciavano la pelle. Mia madre, cioè la nonna, odiava friggere sotto il camino... che ne sai tu?!»
Il tema di mia madre avvolta nelle fiamme dantesche e di mia nonna che se la giocava, è ricorrente nei suoi racconti. Che mia nonna fosse un tantino fastidiosa lo ricordo, ma che mia madre abbia una naturale predisposizione all'autocrocifissione, è un dato di fatto.
«A che sta l'olio?»
Mi chiede la mamma. Il racconto che parte da lei piccola e arriva alla fine della guerra, nei suoi giorni migliori mia madre, riesce a raccontartelo in 30 minuti circa. Minuto più, minuto meno. Quindi l'olio era da tempo che gorgogliava e fumava come un vulcano.
«Adesso sai che fai? Prendi una buccia di mandarino e mettila nell'olio, così prende l'odore.»
«Mamma, credo che l'olio sia troppo bollente. Vedi che scoppia.»
«Si è sempre fatto cosi. Mettila»
Piccola pausa, cambio di tono
«METTILA!»
L'imperativo materno non permette obiezioni. Lascio cadere la buccia nell'olio. Il profumato rivestimento, rimane sospeso come su una lastra di vetro. Poi inizia a roteare prima su se stesso e poi velocemente in senso aplanetario tutt'intorno la padella. Sempre più velocemente. Sto per friggere i purcidduzzi o inavvertitamente ho acceso l'acceleratore di particelle di Ginevra? Al ventesimo giro di padella, la buccia spicca un volo ad iperbole e si schianta sullo sportello del frigorifero. Guardo mia madre con l' odioso ghigno, di chi, con aria saccente sta per dirti: te l'avevo detto!
Piena di rivalsa, mia madre mi guarda, pronta a svelarmi il terzo e ultimo segreto del tradizionale dolce natalizio.
«Se l'olio non è bollente, li purcidduzzi nu spriculane!»
(se l'olio non è bollente, gli struffoli non verranno croccanti)

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